Uomo no – Renato Zero

Spirali, di fumo
Nell’ombra di una stanza
L’insegui con gli occhi
Fiutando la speranza
L’anno del mai
Comincia per te
Fuggi dal mondo
Che mondo non è
La strada, più breve
Dimenticare chi sei tu!
Dormire
Per un po’
E sognare di esistere
Se non hai
Non hai più
Un motivo per vivere

Uomo, no!
Il buio, no!
Perché, figlio della luce sei!
Perché ali per volare hai
Perché ritrovarti un giorno puoi
Lascia ai mercanti, senza Dio
quell’oncia in più d’oblio
Sicari Vampiri
Di cui, non puoi far senza
Si vende
La morte
A un grammo la coscienza!
L’anno del mai
Sta certo, verrà!
E una manciata
Di terra cadrà
Uomo, no!
Il buio, no!

Perché, tu non guardi intorno a te?
Perché, una mano tesa ancora c’è
Perché, muori schiavo, ed eri un re?
Anima, non gettarti via
Vivi la tua poesia!


 

Elba

Ventitrè anni oggi cara sorellona Giuliana….Ero in Australia quel 6 dicembre del ’95, al nord, Cairns….faceva un caldo bestiale, appena uscivi dalla camera dell’ostello senza aria condizionata, sembrava di stare davanti ad un forno delle pizze, sudavi anche cacando….telefonai a casa se non sbaglio il giorno dopo, tu come sempre non facevi mai sapere niente di te e lo hai fatto fino alla fine…me lo disse mamma in lacrime, fu Augustin che faceva da ponte dalla Spagna, a riferire….colui che un anno e mezzo prima ti venne a riprendere a casa nostra….un pazzo mai visto….L’ HIV diceva è tutta un’invenzione dei medici….io sempre sesso non protetto con tua hermana e non ho niente….infatti ad oggi ha un’altra donna e due splendidi figli….Mi avevi chiamato da Siviglia con il desiderio di morire a casa…se non sbaglio ho descritto il tutto nel maggio/giugno 2008….andata e ritorno in meno di 5 giorni con un mandato di arresto internazionale che ti pendeva sulla testa….peccato che a me e al Bob lo dichiarasti all’arrivo con la frontiera Francese…nel viaggio ti innamorasti di una canzone dei Mau Mau, soprattutto dopo lo stop a Barcellona per prendere qualche migliaio di pesetas di fumo…….rende rende rende…cantavano….anduma a rende gli onur a cu le cose…e poi altro che distorcerei malamente visto che era in puro dialetto Torinese….Alla prima canna dopo il tuo turno, nessuno di noi due aveva il coraggio di allungare la mano x riprenderla….io facevo finta di essere preso dal traffico, il Bob guardava vagamente dal finestrino….Sta a te gli dicevo….e lui….no vai pure…no vai te….Fu Giuliana che sorridendo disse….Stupidi non si prende l’Aids con la saliva….non dovete aver paura…..Un conto è dirlo, un conto è trovarsi a fumare con un malato terminale….Ci si guardò….vaffanculo come sempre e via….Giuliana rollava, accendeva e passava, ma sopratutto parlava, raccontava di tutto…..Rende rende rende….reina reina reina…..anduma a rende gli onur…fu la canzone più ascoltata durante i 2500 km di viaggio….Arrivasti cadavere ma ancora in tempo per l’ennesimo tentato suicidio e appena tornarono le forze ripartisti come se niente fosse….incredibile….ma almeno là eri libera, nessuno sapeva e nessuno ti avrebbe cercato….qui era impossibile non sapere….Rende rende rende…anche se Zardo era la mia preferita….forse più triste…ma splendida….ora mi viene…Ratatoj si chiamava dall’album Bass Paradis….reina reina reina reina….

Belgrado

“Voglio andare a scuola, forse qualcuno mi può aiutare qui”….dice un bambino Afgano da oltre 4 mesi qui….Altri, che non vogliono chiedere asilo in Serbia e sono determinati a spingersi in altri paesi, resteranno qui nei magazzini abbandonati, nonostante il freddo, il fumo e le basse temperature. Come molti altri qui, Ibrahimi, un ragazzo di 14 anni, ha detto che vorrebbe continuare a cercare di attraversare le frontiere ungheresi o croate. L’unica cosa che non vogliono è quello di essere schedati, di finire in una specie di deportazione….In un articolo Ileana Argentin parla dei trafficanti che stanno facendo affari su questi disgraziati…..
“I trafficanti hanno preso tutti i miei soldi, altri mi picchiavano”, ha detto Hazrat, fuggito alla violenza in Afghanistan dopo che suo padre è stato assassinato. “Ora devo cercare di attraversare di nuovo il confine”. L’Unhcr ha espresso preoccupazione per gli abusi perpetrati contro i rifugiati e migranti da bande criminali, tra cui sequestro di persona, violenza fisica, minacce ed estorsioni. Si sta sollecitando gli Stati europei a intensificare i loro sforzi per affrontare queste reti criminali e garantire la sicurezza dei rifugiati e dei migranti. In un altro articolo Monica Ranieri racconta il xchè i rifugiati sono bloccati in Serbia…

L’Ungheria ha ribadito la sua intenzione di non aprire le sue frontiere, mentre in Serbia la situazione per i rifugiati, che non vengono ospitati in centri di accoglienza, rimane estremamente difficile.

In un’intervista rilasciata alla rivista tedesca Welt, il Ministro degli Esteri ungherese, Péter Szíjjártó, ha criticato la Germania per la sua intenzione di estendere il controllo più severo dei suoi confini, previsto inizialmente fino al mese di febbraio e stabilito a causa del flusso di rifugiati che entravano nel paese. Szíjjártó ha anche sottolineato quanto questo sia dannoso per l’economia ungherese.

Tuttavia, nonostante la situazione piuttosto drammatica in cui versano i rifugiati al confine tra Serbia ed Ungheria, Szíjjártó ribadisce che l’Ungheria resta coerente con il proprio rifiuto di aprire i suoi confini.

“Se vogliono ricevere un aiuto veloce, i rifugiati hanno bisogno di registrarsi e recarsi nei centri di accoglienza in Serbia. Molti hanno scelto di non farlo perché il loro obiettivo finale è quello di inoltrare richiesta di asilo in altri paesi. Non possiamo considerare il passaggio di una massa di persone attraverso paesi sicuri che vuole scegliere in quale paese vivere come un diritto umano fondamentale. L’Ungheria è sempre stata chiara su questo. Non consentiremo il passaggio illegale attraverso il nostro paese”, ha sottolineato il Ministro degli Esteri ungherese.

Nel 2016, 29.430 migranti hanno inoltrato la domanda di asilo in Ungheria, mentre la maggior parte ha proseguito il viaggio verso l’Europa occidentale. Secondo i dati ufficiali, solo 467 migranti sono stati ospitati in centri di accoglienza in Ungheria a dicembre 2016.

Attualmente ci sono 7.600 rifugiati in Serbia, e solo per 6.000 persone vi è una sistemazione, con priorità per donne e bambini.

Secondo Europol, la Serbia è il centro principale per il traffico di esseri umani sulla rotta dei Balcani, ora chiusa. Da quando i confini sono stati ufficialmente chiusi, bande criminali ben organizzate si sono lanciate nel contrabbando di rifugiati verso l’Austria e la Germania. Molti rifugiati sono sprovvisti delle risorse economiche per far fronte al resto del loro viaggio e vengono quindi abbandonati lì dai contrabbandieri.

Tiziano Terzani

Visitare la Corea del Nord era il sogno di ogni giornalista a Pechino, ma anche nella capitale “sorella” era più o meno impossibile ottenere un visto. Io ebbi il mio grazie a Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista italiano che, passando dalla Cina sulla via di Pyongyang, fece mettere il mio nome fra quelli della sua delegazione in visita al “Capo Supremo”.

Pyongyang, Ottobre 1980

L’aereo che due volte la settimana porta i rari viaggiatori da Pechino a Pyongyang è una macchina del tempo. Uno lascia la Cina di oggi e in un’ora e tre quarti si trova catapultato nel 1984. La Corea del Nord è l’incubo della società totalitaria di Orwell fatto realtà. Qui i bambini non vanno semplicemente a scuola: ci marciano; la gente non lavora: lotta per la produzione. Le biblioteche hanno migliaia e migliaia di volumi, ma sono scritti tutti dalla stessa persona, tutto è pulito, organizzato, previsto. Tutti sono disciplinati, obbedienti e felici. Questo non è semplicemente un Paese. E stato ufficialmente dichiarato “il paradiso”, e Kim Il Sung, il presidente, non è semplicemente il suo capo da più di 35 anni, è dio perché lui sa tutto quello che c’è bisogno di sapere, ha trovato le risposte alle domande che i filosofi si sono posti da secoli, e persino gli uccelli cinguettano le sue lodi. Così almeno viene detto al visitatore ed è scritto quasi ogni giorno sui giornali.

Non fosse per i giardini pieni di fiori e le acacie sulle colline rigogliose e lungo il fiume, Pyongyang potrebbe apparire una città irreale, artificiale: una sorta di palcoscenico allestito per un film di fantascienza: ricca, coloratissima, ultramoderna, ma inquietantemente vuota. Le strade son larghe, ma con pochissime macchine. Le piazze son vastissime, ma senza gente. Tutto è leziosamente rifinito e curato: i parchi, i campi da gioco, i laghetti, ma nessuno sembra poterseli godere. Monumenti di marmo s’innalzano al cielo assieme a enormi edifici di vetro e cemento, e gioiose fontane zampillano inosservate con variopinti fiotti d’acqua. Ai crocevia i poliziotti in uniforme dirigono, silenziosamente, il traffico che non esiste. Ogni cento metri, nell’ombra di una porta, un agente in borghese scruta attraverso gli occhiali scuri le file perfette di case vuote.

La giornata nordcoreana è divisa in tre turni. Dietro i loro portoni chiusi le fabbriche non cessano mai di funzionare.

Oggi la città sembra più una metropoli scandinava che asiatica: gli uomini vestiti di scuro all’occidentale, con camicia bianca, cravatta e scarpe di cuoio sempre lustre; i bambini in uniformi rosse e azzurre; le donne in gonne variopinte come se fossero sempre nel costume nazionale assegnato loro per un qualche festeggiamento. Non ci sono segni di povertà. E difficile ottenere dati statistici in un Paese in cui tutto è espresso in percentuali e dove i funzionari si offendono se si chiedono loro dati specifici, ma il progresso è ovvio, lo si vede. Alte ciminiere vomitano colonne di fumo alla periferia della capitale, e i villaggi che si riescono a scorgere dalla macchina che corre senza potersi fermare appaiono ordinati e prosperi. Dalla culla alla bara il nordcoreano è nelle mani e sotto gli occhi dello Stato provvido. L’assistenza medica è gratuita, la scuola è obbligatoria fino a 17 anni. Nessuno paga le tasse.

“Niente al mondo ci fa invidia”, cantano i bambini; e il fatto che la gente crede davvero di vivere “in paradiso” è il più grosso successo del regime.

Per quasi trent’anni i nordcoreani sono vissuti come in una cella d’isolamento, completamente tagliati fuori dal resto del mondo di cui non sanno assolutamente nulla. Le radio che si vedono in ogni casa sono enormi, ma non hanno le onde corte. I giornali sono solo quelli in cui il nome del “Capo Supremo” è menzionato almeno cinquanta volte al giorno. Il risultato è semplice: la gente è davvero convinta che, per esempio, il muro di 240 chilometri che corre lungo la zona smilitarizzata fra nord e sud sia stato costruito dai terribili americani per impedire ai sudcoreani di andare a vivere nello splendido nord, che Seoul è una città di miseria e corrotta dalla “prostituzione e dal turismo”, che le condizioni di vita nel resto del mondo sono spaventose e che i popoli del globo non aspirano solo a studiare e a imparare le lezioni del “Capo Supremo”, Kim Il Sung.

Ventidue milioni di coreani lo hanno sul petto, in alto a sinistra, dove sta il cuore. I distintivi variano di colore, di forma e di misura. Variano a seconda della posizione che il portatore ha nella società, variano a seconda del grado di fiducia che il “glorioso ” capo ha in lui.

A differenza di quanto accadde ai tempi della Rivoluzione culturale in Cina, i distintivi non sono in vendita, né vengono distribuiti gratuitamente. Qui vengono conferiti. Bisogna meritarseli e gli stranieri in cerca di ricordi si sforzano inutilmente di portarsene via uno. (…) Lo Stato ha un controllo totale sulla popolazione ed è in grado di mobilitarla al minimo cenno. Ogni volta che una delegazione amica arriva a Pyongyang l’aeroporto si riempie di una folla che urla entusiasta, mentre un intero quartiere della città, cui è stato appunto ordinato di andare a inscenare la sua “spontanea manifestazione di benvenuto”, si svuota. Due anni fa, quando un’eccezionale ondata di maltempo minacciava di distruggere gran parte del raccolto, tutto il Paese venne mobilitato nel giro di poche ore e mandato in campagna: il raccolto fu salvato.

Nel Paese non esiste opposizione. Sebbene ogni tanto qualcuno scompaia dal proprio posto di lavoro e sparisca nel nulla, sebbene gli stessi funzionari del governo ammettano l’esistenza di prigioni per i “nemici di classe”… il cittadino nordcoreano non ha alcun margine di libertà. Viaggiare all’interno del Paese gli è proibito, a meno che non ne abbia speciali ragioni. Permessi ufficiali sono necessari per ogni movimento fuori del tracciato casa-luogo di lavoro. Pyongyang è l’unica città asiatica a non avere biciclette: anche questa un’astuta precauzione contro i potenziali pericoli della troppa mobilità individuale.

“Il grande, il rispettato presidente Kim Il Sung sorvegliò personalmente la costruzione e venne trecento volte a dare il suo consiglio”, spiega il direttore della gigantesca, lussuosa metropolitana di Pyongyang, dove ogni stazione è dedicata a un episodio della sua vita. Nessuno sembra ricordarsi che centinaia d’ingegneri cinesi furono mandati da Mao a costruirla, ma nessuno ricorda neppure che fu l’Armata Rossa sovietica a mettere Kim Il Sung al potere, alla fine della seconda guerra mondiale, dopo che lui si era preso il nome col quale oggi lo conosciamo, ma che allora era quello di un mitico guerriero ammirato da tutti e morto da tempo.

“Il grande, generoso capo volle questo edificio per il benessere del popolo”, ci dice come in trance la ragazza che guida il visitatore attraverso il mirabolante, magnifico Centro della salute, un immenso insieme di piscine, di sale per massaggi, saune, saloni di bellezza, palestre dagli impiantiti di marmo e le pareti di mosaico, con dottori e infermiere a disposizione di masse di cui non si vede mai traccia.

Un caso di follia collettiva? Può darsi. “Questo è l’unico Paese socialista in cui anche i gabinetti funzionano”, diceva un membro di una delegazione in visita ufficiale, usando uno degli splendidi orinatoi del teatro Masudè, dove le cellule fotoelettriche fanno scorrere l’acqua all’avvicinarsi dell’utetente.

Elba

Fabio apre una boccia di prosecco….”…..Per digerire, dice, specialmente dopo un buon tortino al cioccolato…..”…..Ne bevo un sorso, mentre il Maitre mi sta alle calcagna, come diceva Jessika, chiedendomi più volte cosa farò il prossimo anno……”…..Qui rispondo, Maitre, non ho mai avuto problemi con nessuno, tranne la famosa stronza che si era accanita contro di me……e poi sono l’unico che non è stato fatto fuori, ma ho lasciato di mia spontanea volontà e lei sa il perchè……”……Il Maitre tira su una bella boccata di fumo dalla sigaretta elettronica e mi guarda sorridendo……”….”…..Qui siamo sempre nelle mani del famoso consulente, che non ci capisce un cazzo, ma che ha il potere decisionale su tutti noi….se vuoi tornare la porta è sempre aperta, ma sappi che qui è sempre un bel casino…..ma possiamo offrirti 8 mesi di lavoro……”…..Curriculum, lingue, esperienza e poi quello che conta è sempre un bel paio di scarpe, possibilmente comode…..8 mesi di lavoro….magari….8 mesi di lager, di arresti domiciliari……fossero le 8/10 ore giornaliere, sarebbe nulla….qui si passa facilmente a 12, 14 e senza preavviso…..quello che viene viene….sono cazzi tuoi…..”….Le faccio sapere, rispondo…..lei mi tenga informato se ci sono cambiamenti….in meglio…..”…..Intanto si sofferma a chiacchera anche la figlia del Boss, ma stranamente non mi concede lo sguardo….io non ho nulla da nascondere e ti guardo negli occhi, chiunque tu sia……lei invece sembra preferire altro…..parla ma lo sguardo è puntato altrove…forse è ancora offesa x essermene andato lo scorso aprile…..posso farne decisamente a meno, esco dalla conversazione e vado a farmi un bel bicchiere di bianco e sparare due cazzate allo chef…..il vino è ancora freddo e scende molto bene…..

Madonna di Campiglio 1989

Mentre il Boss mi stava chiamando, non avrei mai immaginato cosa mi stava x succedere…Anzi, stavo pensando…”…Mancano poche settimane alla fine, non ho fatto niente che possa aver messo in discussione il mio posto di lavoro…il ladro e’ Flavio, i casini li monta tutti lui….magari…stai a vedere che sto’ x sfatare un mito…forse mi chiama x ringraziarmi…mi allunga la mano, x dirmi…che si scusa, che sapeva tutto ma che oramai voleva arrivare alla fine stagione…magari mi offre il posto x il prossimo inverno…che il lavoro e’ andato bene e mi promuove primo barman…”…Arrivo al tavolo tranquillo…ha la faccia seria e tirata…E vai…altro che promozione, penso…”…Si sieda…mi dice…”….Mi siedo nervosemente, lo sento dalle mani che pian piano si bagnano del sudore della paranoia…Dalla tasca tira fuori un pezzo di fumo, circa 10 grammi…lo butta sul tavolo…Chiudo gli occhi…fuck it…Mi torna alla mente Gommolo che un mese e mezzo prima, mi aveva chiesto la macchina x andare a Viareggio e comprare cio’ che sarebbe bastato fino a fine stagione…Anche le sue battute…”…Entra giusto giusto nella tasca della tua giacca…perfetto…Ecco xche’ Flavio ogni tanto saliva in camera senza un motivo valido…Sono passato a salutarvi, diceva…Ma che cazzo dici, rispondevo, non sei mai venuto in piu’ di 3 mesi ed ora tutte le sere sei qui… Si sedeva sul letto, vedevo che osservava tutto…avra’ visto qualche cartina…che cazzo ne so’…e poi pensavo che non potesse arrivare a tanto…E’ stato Flavio, bastardo…e’ entrato con il passpartout nella stanza…e…”…Non dica niente, non cerchi scuse, mi dice…mi dica solo con chi fumava…nome e cognome…”…”…Niente rispondo…e’ mio…e…ho sempre fumato la sera, dopo il lavoro, chiuso in bagno…nessuno sa’ niente…”…”…Ok…riguardo al lavoro, niente da dire…ineccepibile…bravo…non diro’ niente a chi di competenza, non voglio rovinarla…faccia le valigie e vada…”…”…Ho della roba da ritirare in lavanderia…e’ pronta domani mattina…se posso…”….La sua faccia non fa’ una piega…”…Faccia le valigie…e vada…via…oggi stesso…”…”…Ok…ok…”…Corro in camera ma non trovo Gommolo…porca vacca…trovo pero’ un altro chef de rang, di Ravenna che saltuarialmente passava dalla camera…”…Ehi…gli dico…c’hanno beccato il fumo…ascolta, non ho detto niente, avverti Gianpiero e gli altri, il Boss di sicuro vi chiamera’…basta che dite che non sapete nulla…almeno vi salvate queste ultime settimane di lavoro…ci vediamo nel pomeriggio…”…