Fernando Pessoa

Dicono che il tedio sia la malattia degli oziosi, o che contagi soltanto coloro che non hanno nulla da fare. Invece è un malessere dell’anima più subdolo: prende chi ha già una predisposizione ad esso e, più che gli oziosi veri, attacca chi lavora, o chi fa finta di lavorare (che nella fattispecie è la stessa cosa).
Non c’è niente di peggio del contrasto fra il naturale incanto della vita interiore, con le sue Indie incontaminate e i suoi paesi sconosciuti, e la sordidezza, anche quando sordida non è, della quotidianità della vita. Il tedio diventa più pesante senza la scusa dell’ozio. Il peggiore di tutti è il tedio di coloro che si sottopongono a un’intensa occupazione.
Perché il tedio non è la malattia della noia di non aver nulla da fare, ma una malattia più grave: sentire che non vale la pena di fare niente. E, quando è così, quanto più c’è da fare, tanto più tedio bisogna sentire.
Quante volte sollevo la testa vuota del mondo intero dal registro su cui sto scrivendo! Sarebbe meglio rimanermene inattivo, senza far nulla e senza aver nulla da fare, almeno potrei gustarmi quel tedio, per quanto reale. Nel mio tedio presente non c’è pace né nobiltà, né il benessere del malessere: c’è soltanto un enorme annichilimento di tutti i gesti compiuti, e non la spossatezza virtuale dei gesti che non compirò.

Elba 2006

Ultimo giorno di cortisone. Faccio colazione con mia mamma, aspetto che venga l’ambulanza x portarla all’ospedale, dove si sottopone a quotidiani cicli di fsioterapia. Mi lavo, prendo la scatolina dove tengo le rimanenze delle pasticche tagliate, ora sono a 2 milligrammi. La guardo, bianca come senpre, che aspetta di sciogliersi dentro di me, la butto giù sperando che mi lasci una volta x tutte…non ti voglio più vedere…bastarda…con Apollo, decido x una passeggiata senza usare la macchina, c’è il sole, si sta bene, il cane tira avanti veloce, si ferma ai primi alberi, annusa il terreno, come usa fare, prima dei suoi bisogni…dalla destra sbuca un enorme cane nero. Si guardano, fissi negli occhi, orecchie alzate, tutti e due maschi, tiro Apollo con il guinzaglio x allontanarlo, l’altro invece attacca…si alzano e si prendono, testa contro testa, tiro, urlo, allungo la gamba sinistra x allontanare l’altro e nella colluttazione Apollo mi addenta la coscia come fosse un panino con il prosciutto… sento i suoi denti infilarsi dentro la mia carne e velocemente tornare fuori alla ricerca dell’ avversario…Ancora qualche urlo e il cane nero si allontana. La gamba mi fa male, tiro giù i pantaloni e vedo scorrere del sangue. Vado al pronto soccorso…mi curano la ferita con un’antitetanica e antibiotici da prendere x una settimana. Non so se ridere, piangere, urlare, guardo Apollo…proprio te gli dico…mi guarda e corre verso casa…ha fame…