To Giada o chi x lei

Oggi compi gli anni….31….ed io non so neanche cosa dirti….non ti ho mai visto….non ho mai visto e conosciuto perfino tuo babbo….non so la tua fisionomia e frose neanche il tuo vero nome…..forse Giada o forse è stato cambiato pure quello p forse mi hanno mentito pure su quello….Abbiamo però qualcosa in comune….quel qualcosa che ti ha donato mia sorella Giuliana, al di là di come andata la sua vita….abbiamo in parte lo stesso sangue, tu in percentuale minore, ma qualcosa c’hai….e chissà da chi hai preso di più….che carattere hai…..a chi assomigli…..sarei pronto ad addossarmi colpe anche non mie, pur di vederti un giorno….Quando una mamma decide di dare in adozione sua figlia, tutti gli altri possono rimanere solo in silenzio, perchè sarebbero troppe le cose da dire e da far capire, che è meglio stare zitti….specialmente poi, nel mio caso, quando le cose non si sanno neppure in tempo reale e non si hanno neanche sottomano….si viene a sapere tutto solo dopo anni…..ti affidi ai discorsi e alle risposte degli altri….risposte confuse, diverse, che assomigliano più a semplici giustificazioni….solo x tenere a bada le tue domande….quelle domande che ti assalgono la notte, da anni e che nessuno vuole svelare…..quei  maledetti incubi con cui convivi da anni….anyway….happy birthday Chiara….lo zio con tutto il cuore o quello che c’è rimasto….

Fernando Pessoa

Dicono che il tedio sia la malattia degli oziosi, o che contagi soltanto coloro che non hanno nulla da fare. Invece è un malessere dell’anima più subdolo: prende chi ha già una predisposizione ad esso e, più che gli oziosi veri, attacca chi lavora, o chi fa finta di lavorare (che nella fattispecie è la stessa cosa).
Non c’è niente di peggio del contrasto fra il naturale incanto della vita interiore, con le sue Indie incontaminate e i suoi paesi sconosciuti, e la sordidezza, anche quando sordida non è, della quotidianità della vita. Il tedio diventa più pesante senza la scusa dell’ozio. Il peggiore di tutti è il tedio di coloro che si sottopongono a un’intensa occupazione.
Perché il tedio non è la malattia della noia di non aver nulla da fare, ma una malattia più grave: sentire che non vale la pena di fare niente. E, quando è così, quanto più c’è da fare, tanto più tedio bisogna sentire.
Quante volte sollevo la testa vuota del mondo intero dal registro su cui sto scrivendo! Sarebbe meglio rimanermene inattivo, senza far nulla e senza aver nulla da fare, almeno potrei gustarmi quel tedio, per quanto reale. Nel mio tedio presente non c’è pace né nobiltà, né il benessere del malessere: c’è soltanto un enorme annichilimento di tutti i gesti compiuti, e non la spossatezza virtuale dei gesti che non compirò.