Londra 1989 parte quattordicesima

Arrivo tardi nella speranza che lui sia già a letto, ne dubito, ma appena entrato vedo la luce spenta, cammino quasi in punta di piedi, mi viene in mente quando da ragazzo rientravo tardi ed appena in casa mi toglievo le scarpe per non fare rumore, silenzio totale , sentivo pure mio padre russare ma appena mettevo la mano sulla maniglia della porta di cameretta, zac si accendeva la luce dell abat-jour…e mia mamma Gluca sei tu? Si chi vuoi che sia  Babbo Natale, così tutte le notti al mio rientro. Allungo la chiave nella serratura, do un giro e zac in fondo al corridoio si accende la luce del frocio. Porca di quella impestata troia, inizio a smoccolare, mi chiudo in camera velocemente come un fuggiasco. Un minuto e lui viene a bussare alla porta. Apro e lo trovo ancora con quel vestitino corto e le pantofole rosa…Luca Luca bonsoire dice vu le vou un the’….No no merci rispondo je suis fatigue. Ci guardiamo fissi negli occhi come si guardano un leone e una gazzella e questa volta sono io la preda. Good nite dico e chiudo la porta di scatto. Vaffanculo. Mi faccio subito un cannone, ho le mani che tremano l’avrei colpito volentieri. Mi viene in mente la frase di un mio amico. Colpisci pet primo e colpisci duro. E poi dove vado sotto i ponti, trovare stanza a Londra richiede in tempo interminabile. Cercare sul loots gli annunci, sfogliare A/Z London per vedere in che zona si trova la casa, vedere se ci passa l’underground vicino perché se devi usare solo il bus i tempi si allungano notevolmente e poi la cosa più importante il telefono. Ogni volta che chiami per chiedere informazioni, appena loro rispondono tu non capisci più un cazzo nulla, questi continuano a parlare finché tu non sbatti la cornetta sul telefono incazzato nero. Avrò fatto in futuro mille chiamate senza aver risolto niente. Passeggio nella camera da cima a fondo, apro una birra e faccio una altra canna. Di sicuro stasera si dorme profondamente. Apro l’unica finestra che abbiamo, la quale scorre dal basso verso l’alto. Siamo al piano terreno, sotto di noi una scalinata che porta ad un basement. Appena dietro le solite inferriate nere che delimitano lo spazio interno. Non è molto alto forse due metri, salto giù un po’ per prendere aria e un po’ per vedere. Sul muro del palazzo sbucano i blocchi della costruzione, niente di che ma il piede ci sta e si può spingere verso l’alto. Risalgo, sono nuovamente sul cornicione della nostra finestra, finisco la canna bevo un’altra birra e mi ributto di sotto, sembro un bambino che ha trovato il passatempo preferito, unica cosa accertarsi che non passa qualcuno mentre risalgo altrimenti mi scambiano per un ladro. È fatta, prima di uscire basta ricordarsi di lasciare un pezzo di finestra aperta e la sera rientrerò da qui. Lo farò per circa due mesi.

Londra 1989 parte quattordicesimaultima modifica: 2021-04-05T21:44:39+02:00da apoloo1
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