Marta Madeiros

Se mi chiederanno qual è il sentimento che considero più bello o più importante, sorriderò e dirò…”…Quello corrisposto…”…

Joker

Si fugge dalla paura, ma si resta dove si trema.

L’importanza del Dolce far niente

Siamo abituati a collegare l’immobilità con l’inattività, e l’inattività con il fallimento. Ci hanno addestrati a essere sempre oberati di lavoro e credere che, se perdiamo di vista l’obbiettivo anche solo per un momento, allora non siamo altro che fannulloni. Questa mentalità ci rende incapaci di stare soli con noi stessi. Abbiamo il diritto di esistere solo se abbiamo uno scopo, se ci rendiamo utili a qualcuno o qualcosa. Quasi ci ribelliamo all’idea di rimanere soli con noi stessi. La prova? Fariss Samarrai, un ricercatore dell’Università della Virginia, ha condotto un esperimento che ha dato risultati sconcertanti: ha chiesto a oltre settecento persone di sedersi in una stanza e di rimanere sole con i propri pensieri per un tempo compreso fra i sei ed i quindici minuti. Ha poi messo a disposizione un pulsante che, se premuto, avrebbe dato loro una leggera scossa elettrica, ma avrebbe anche messo fine all’isolamento. Il 67 per cento degli uomini ed il 25 per cento delle donne hanno scelto di prendere la scossa piuttosto che rimanere seduti a riflettere. Tuttavia, fermarsi è un imperativo psicologico. Non siamo stati progettati per muoverci di continuo e se viviamo per un lungo periodo nell’iperattività ne paghiamo le conseguenze. Quando la nostra idendità coincide con lo stacanovismo, perdiamo di vista chi siamo veramente. Sommersi dal lavoro, smettiamo di vivere davvero.