Londra 1990 parte ventiquattresima

Mi sparo la giornata a bordo di differenti autobus, da sud a nord senza mai scendere. Mi siedo sopra dalla parte dell’autista dove una grossa vetrata ti rende una visuale magnifica di Londra, meglio che girare a piedi. Mi fermo ad High Street Kensington dove si possono ancora trovare gli ultimi Punk Londinesi che vendono in piccoli stores giubbotti di pelle, cinture, anfibi. Compro invece qualche cassetta musicale usata, a buon prezzo. Ancora non ho lo stereo ma intanto ho la musica. Torno verso l’hotel tagliando per Hyde Park, mi dirigo per Queensway, Bayswater ed infine Paddington. Compro un kebab e una birra, le prossime settimane metterò a dura prova il fegato, fra English breakfast, gli hamburger del Mac e  qualche kebab la sera. In camera mi butto sull’ “amaca” anche questo letto mi spezzerà la schiena ma come dice Carlo… calati nella situazione prima che sia lei a farlo…ci  rido sopra fissando come succede oramai molto spesso, il soffitto. Questo mi sembra anche più sul giallo come i baffi del vecchio della reception. Un colore che 31 anni dopo, avrei dedicato vanamente a Silvia. Dalla camera affianco si sente arrivare dei suoni che sovrastano alcune voci. Forse una tv, forse uno stereo. Non ho avuto tv in camera in tutti e sette gli anni trascorsi a Londra, così come nei due a Roma, quattro a Firenze , uno in Australia e recentemente gli ultimi 15 dopo il mio ritorno a casa. Mi annoia già nella normalità, figurarsi guardarla sdraiato dal letto. Arriva il Francese con un po’ di affanno…sospira….L’hotel a trop de escaliers….non ho capito ma penso era riferito alle scale, tante, ripide e micidiali. Oui Francois ma nous avon le bain ici….Sorride, meno male, ce l’ho tirato io in questa situazione, un altro al suo posto magari l’avrebbe presa diversamente. Però abbiamo il bagno in camera dopo 4 mesi a discapito di piano cottura e frigorifero, Ce la vie…gli dico. Non ho ancora capito perché si porta sempre appresso una copia di un quotidiano infilato per lungo sulla tasca sinistra dei pantaloni, sarà una moda Francese, lo leggerà in metro, ma la copia mi sembra sempre la stessa da settimane. Stappiamo un paio di birre che ho preso prima dal kebabbaro e gli mostro il resto della stanza. Non ci vuole molto. Accanto ai due letti, due comodini che stanno in piedi per miracolo e un armadio vecchio e tarmato, ma sufficiente per la nostra roba, ha pure uno specchio, pieno di macchie che coprono gran parte di ciò che vorresti specchiare. Domani torno al lavoro, quasi quasi mi manca. Talvolta penso che bisognerebbe vivere alla finestra, senza gioie ma senza dolori da dover affrontare, non avere ambizioni, passioni, desideri, non vivere mai i propri sentimenti. Rendere il desiderio una cosa inutile ed inoffensiva, una specie di sorriso delicato dell’anima .