Londra 1990 parte ventitreesima

Mi alzo con calma. Ho sempre invidiato la disciplina Kantiana. Il vecchio Kant era già in piedi all’alba delle cinque, pronto a compiere una routine che sarebbe stata la stessa fino al giorno della sua morte. Si alzava per leggere e inventare, io invece rimango più volentieri a letto a pensare e dormire. Francois ha lasciato la sua valigia e 10 sterline per il taxi, più le 50 per la sua parte dell’hotel. Fuori sta ancora piovendo, mi affaccio alla finestra a godermi l’ultimo spettacolo che l’inverno mi offre, non ho nessun pensiero se non quello di uscire da qui. Dei ricordi ho letto in un libro, non bisogna mai fidarsi perché il nostro cervello è specialista nel costruirsi cartoline che se ne infischiano della realtà e l’abitudine è uno dei peggiori miraggi che l’uomo  può dover affrontare. Le birre di ieri sera si fanno sentire, in fondo senza frigorifero era inutile portarle dietro. Faccio una lunga doccia e esco a fermare un taxi. Il Francese mi vede ma invece di salutarmi preferisce guardarsi le punte delle scarpe. Trovo il taxi e torno indietro a prendere lo zaino e la valigia, il taxista mi aspetta cantando una canzone dei Clash. Good music dico. You like it? Risponde. Poi dice qualcosa di altro in slang che non comprendo. Paddington please è la mia unica risposta. Non è troppo lontano e in poco più di 10 minuti arriviamo alla catapecchia. Il taxista vede l’ingresso è mi saluta con un Good luck. Ennesimo trasloco effettuato, addirittura in taxi, Carlo stenterà a crederci. Pago il mancante, non c’è il vecchio ma una signora ben tenuta e molto gentile. Sui cinquanta, piccola e ben proporzionata con un taglio di capelli sbarazzino che si addice ai dolci lineamenti. Indossa un grembiule a fiori Supra in abito a righe ed al collo una elegante collana di perle. Niente a che vedere con l’individuo di ieri sera. Per arrivare in camera bisogna percorrere un labirinto di scale che portano all’ultimo piano, almeno questa ha la vista. La sala colazione  invece è al piano inferiore della reception, i soliti basement Londinesi dove non filtra un raggio di sole. Mi  butto sul letto ed il materasso affonda tipo amaca. Porca troia, almeno non dondola. Esco subito e mi godo la giornata di festa. Vicino alla metro, i soliti negozi, un Burger King già superaffollato, una steak house, un caffè Inglese, ristorante Indiano e il famoso S. Mary hospital dove dicono siano nati William e Harry. Prendo un autobus senza neanche guardare la destinazione, salgo sopra e mi appiccico al finestrino. Mi viene in mente una frase di Marcello, anche lui gay, uno dei miei primi maestri dietro un banco di bar, anno 1979. Anche questa è fatta, disse quello che ammazzò la moglie.


 

Londra 1990 parte ventitreesimaultima modifica: 2021-04-20T17:34:28+02:00da apoloo1
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